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Il Repertorio dei Ritrovamenti di Moneta Altomedievale (489-1002): un’esperienza ventennale

di Ermanno A. Arslan

A distanza di quasi trent’anni da oggi, nel 1992, R. Francovich e G. Noyè organizzarono a Siena il Convegno su La storia dell'Altomedioevo italiano (VI-X secolo) alla luce dell'archeologia.

In quell’occasione proposi un’analisi preliminare dei problemi della circolazione monetaria in Italia nell’Altomedioevo[1], allegando al testo pubblicato il mio archivio personale, che allora contava 261 schede, sui ritrovamenti di moneta altomedievale emessa tra il 489 e il 781 (quando Carlo, re dei Franchi, demonetizzò la moneta in oro in Italia). Successivamente il medesimo archivio, incrementato nel tempo, venne proposto nella Rivista del Museo Archeologico di Milano (RASMI) e collocato in rete nel mio sito personale. Infine ne venne realizzata una versione monografica cartacea, pubblicata nel 2005 dal CISAM di Spoleto, con aggiornamenti implementati in tempo reale disponibili sempre nel mio sito www.ermannoarslan.eu [2].

L’ambito territoriale e documentario si era progressivamente ampliato con i dati della Sicilia, della Corsica e dell’Istria croata e slovena, con l’estensione alla moneta emessa in Italia fino al 1002 e alla moneta bizantina e araba di ogni datazione e luogo di emissione, con la collaborazione di Christian Weiss per quest’ultima. Negli ultimi anni è iniziata la raccolta e la segnalazione della documentazione anche dei ritrovamenti di moneta di età classica ma in contesti altomedievali, finora quasi costantemente risultati a carattere funerario[3], che si è rivelata molto difficoltosa per l’incompletezza e la trascuratezza delle segnalazioni del passato.

La banca dati complessiva (pubblicazione CISAM e Aggiornamenti in rete) al 29 aprile 2012 contava 1443 schede, implementate grazie a sistematici spogli di riviste e pubblicazioni, numismatiche e non, alla navigazione in rete, alle segnalazioni di colleghi e appassionati. La collaborazione all’iniziativa, di utilità collettiva, ha visto episodi talvolta di grande importanza, ma si è rivelata in generale deludente e discontinua. L’impegno quindi è rimasto quasi del tutto personale.

Il prodotto è da considerare come programmaticamente non esaustivo, destinato a proporsi solamente come sussidio iniziale per la ricerca, con dati sempre da raggiungere e (se possibile) da verificare direttamente, quasi sempre solamente indicativi e bibliograficamente "di seconda mano".

L’iniziativa si affiancava ad analoghi repertori[4], sia su tematiche generali che specifiche per l’Altomedioevo. Tra i principali progetti in corso, alcuni in stadio avanzato di realizzazione, tutti con struttura e talvolta finalità specifiche, sia distribuiti su supporto cartaceo che in rete con possibilità di implementazione, sono da ricordare le fondamentali iniziative nazionali di documentazione dei ritrovamenti di età romana (Die Fundmünzen der Römischen Zeit), realizzati o in corso di realizzazione in Germania e in numerose altre nazioni europee; in Italia in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia. L’iniziativa prevede la segnalazione anche dei ritrovamenti di moneta altomedievale e bizantina.

Specifica per l’Altomedioevo francese è l’opera di Lafaurie e Pilet-Lemière, Monnaies du Haut Moyen Âge découvertes en France (Ve-VIIIe siècle), del 2003[5]. Finalità analoghe ha l’ "Inventario dei ritrovamenti monetali svizzeri (IRMS)", che segnala sinteticamente i ritrovamenti editi fino al contemporaneo. Per la moneta delle isole britanniche lo specifico strumento è la Sylloge of the Coins of the British Isles (SCBI), presente in rete, certamente da proporre come modello per simili progetti, con documentazione estesa a tutti i paesi interessati dalla circolazione di queste monete.

La struttura del Repertorio promosso da chi scrive, affiancato da un repertorio della moneta celtica in Italia (distribuito solo in rete, nel sito www.ermannoarslan.eu), ha subito una sensibile evoluzione sulla base dell’esperienza di lavoro. Da una tripartizione, con sezioni distinte per Ostrogoti, Longobardi, Bizantini, che si è rivelata impraticabile per le incertezze attributive di molte emissioni ad una precisa sezione, si è giunti all’attuale sequenza unica, suddivisa per regioni italiane attuali. Ciò per facilitare la consultazione, ben sapendo come l’attuale organizzazione del territorio italiano corrisponda solo in parte alle aree di circolazione antiche con perimetrazione oltretutto variabile nel tempo.

La distribuzione degli Aggiornamenti in rete, che spero possa perfezionarsi con la proposta dell’intero Repertorio, completato con il testo pubblicato nel 2005 (già comunque in parte aggiornato nella bibliografia ed emendato), permette una costante implementazione, integrazione e correzione dei dati.

Le premesse di metodo che hanno giustificato la redazione del Repertorio, come delle altre iniziative simili, sono di grande semplicità e sono una ricaduta della restituzione alla moneta del suo prevalente significato storico-economico.

La moneta, da considerare come multiplo, con valore intrinseco e nominale teoricamente garantito o imposto, viene considerata soprattutto come elemento fondamentale per la vita economica dell’uomo, e non più soltanto per i suoi valori antiquari o artistici o perché oggetto di collezione.

Se ne rende quindi necessaria l’analisi storica, non solo relativamente al momento della produzione ed emissione in zecca, ma anche nelle vicende successive, con la sua collocazione in una massa monetaria disponibile, con struttura in perenne evoluzione, che è possibile seguire nel tempo, e con una distribuzione dinamica sul territorio, nel quale viene occultata, raccolta in depositi, perduta, gettata, riusata in mille modi. Anche perdendo il suo significato monetario ed assumendo valenze diverse.

Evitando in questa sede di dilungarmi nella trattazione delle funzioni della moneta e delle leggi monetarie, desidero sottolineare come tale ricerca storica richieda la raccolta rigorosa e sistematica della documentazione e la sua mappatura sul territorio, come operazione preliminare alla ricerca. E quindi richieda la redazione di Repertori dei ritrovamenti con indicazione di provenienza in qualche modo affidabile.

Il recupero della documentazione numismatica sul territorio: sue criticità

Nel corso degli anni, a parte le difficoltà inevitabili, fortemente penalizzanti, per un’iniziativa condotta da una persona sola, operante privatamente, in un centro come Milano senza importanti strutture biblioteconomiche specialistiche, si sono evidenziate numerose criticità, che conviene elencare e discutere in questa sede, rimandando ad altro momento la segnalazione dei risultati raggiunti, o che si auspica possano essere raggiunti in futuro grazie all’utilizzo di un simile strumento.

Alcune criticità rappresentano una conseguenza delle modalità di deposito, di occultamento o di smarrimento della documentazione in antico, tali talvolta da limitare fortemente le possibilità di analisi o da permettere solo approfondimenti molto settoriali.

La circolazione specializzata delle monete nei diversi metalli portava non solo ad una meccanica di circolazione specifica per ciascuno di essi ma anche a diverse modalità dell’abbandono, che ne assicuravano la conservazione nel tempo sino al recupero da parte nostra.

L’oro, con circolazione lenta presso gruppi umani privilegiati, con una naturale vocazione alla tesaurizzazione e con una forte mobilità nello spazio, legata ai commerci e allo spostamento delle persone su lunghi percorsi, non viene quasi mai recuperato come ritrovamento isolato, per l’improbabilità di una "caduta da tasca" e per l’elementare ragione del naturale accanimento a recuperarlo in caso di smarrimento.

Se esso appare raro in situazioni di occultamento quali i depositi votivi[6], è frequente nelle sepolture privilegiate altomedievali, come attestazione di ruolo e di prestigio, e come oggetto di riuso negli ornamenti e nei preziosi in genere.

Viene invece recuperato in abbondanza in ripostiglio. Ma va specificato che anche l’esemplare eventualmente oggi ritrovato isolato di norma rappresentava un episodio di tesaurizzazione, quando non è stato separato per qualche ragione da un complesso associato e si trova in seconda giacitura. Ciò per l’alto valore anche del singolo esemplare[7]: un solo solido o anche un solo tremisse equivalevano ad un numero molto alto di monete in argento o rame/bronzo, che siamo soliti considerare associate in ripostigli anche se recuperate in quantità modeste di esemplari.

Anche l’argento, certo con velocità di circolazione ridotta rispetto all’oro, risulta più raro della moneta in rame/bronzo tra i ritrovamenti isolati[8] ed è invece frequentemente associato in ripostigli.

Il rame/bronzo infine, pur presente in ripostiglio[9], domina tra i ritrovamenti isolati, specie se di basso valore intrinseco e nominale.

I tre metalli raramente si associano nei ripostigli, se non in situazioni di forte emergenza, come nella Britannia all’inizio del V secolo[10].

Un evento catastrofico, come l’eruzione del Vesuvio, ha tràdito fino a noi un quadro molto fedele della massa circolante disponibile, con le monete che le vittime, appartenenti a tutte le classi sociali, portavano con sé[11].

Di norma, quindi, la raccolta e la mappatura delle monete di ritrovamento isolato sul territorio ci danno indicazioni solo sulla struttura della massa monetaria circolante al livello inferiore. Un’analisi corretta della circolazione monetaria di qualsiasi periodo implica l’integrazione dei dati disponibili sulla circolazione dei diversi metalli, al fine della ricostruzione dell’effettiva massa circolante, con l’utilizzo di metodiche distinte e specifiche.

Per la valutazione del significato dei ritrovamenti isolati vi è anche l’insidia rappresentata della presenza di materiali "rifiutati" e gettati via, finora scarsamente considerata nell’esame della documentazione edita: ho il sospetto che le monete suberate, quando non omologate a nominali in metallo più vile, che significativamente non si trovano nei ripostigli, possano essere state riconosciute e quindi "scartate" e gettate, per l’impossibilità di reinserirle nel contesto circolante dei materiali ufficiali, se non come contraffazioni. Esse divengono quindi inutilizzabili per la valutazione dei dati statistici della circolazione, nella quale di norma invece vengono conteggiate.

Pure suscitano dubbi gli esemplari in metallo vile troppo lacunosi, in considerazione dell’improbabilità della fusione dell’esemplare singolo per l’utilizzo del metallo[12]. La circolazione di materiali dimezzati o frammentati è largamente documentata ed era certamente autorizzata o tollerata ma con esemplari sempre in qualche modo riconoscibili.

Un’ulteriore insidia, talvolta di difficile valutazione, è rappresentata dall’uso del territorio successivamente allo smarrimento o all’occultamento in esso della moneta. Una sistematica edificazione, come in ambito cittadino, porta alla cancellazione degli strati archeologici contenenti moneta; così anche l’attività agricola, con arature profonde, con sbancamenti, con scassi per piantumazioni. La costruzione di infrastrutture (ferrovie, strade, impianti per la produzione o il trasporto dell’elettricità, del gas, del petrolio, acquedotti, impianti eolici, ecc.) è sempre devastante, se non viene preceduta da interventi esplorativi sistematici.

Episodicamente un uso distruttivo del terreno può portare anche ad una nuova collocazione del documento in seconda giacitura, con conseguente registrazione di dati di provenienza non corretti.

Una gravissima criticità, in età recente, è rappresentata dalla raccolta casuale (ad opera ad esempio di turisti) o intenzionale (ad opera di scavatori clandestini) di moneta, anche con il cerca-metalli. Tale pratica ha spogliato intere regioni del loro patrimonio archeologico e numismatico, devastando i siti e trafugando anche la documentazione più modesta. Ciò ha portato in molte aree del nostro territorio alla scomparsa irreparabile di una documentazione indispensabile per la ricostruzione di una maglia affidabile distributiva dei materiali, specie in una ricerca impostata in termini statistici e con sistematica percentualizzazione dei dati. In altri termini l’assenza, o la presenza ridotta, di ritrovamenti in un’area può essere dovuta all’asportazione della documentazione con la stratificazione che la conservava.

Analogo saccheggio, ad opera di subacquei, è avvenuto con la documentazione monetaria conservata nei relitti sommersi, marittimi e d’acqua dolce, particolarmente utile per documentare i percorsi della moneta nello spazio e perché perduti in seguito ad eventi calamitosi, come l’affondamento di una nave, senza la possibilità di una qualsiasi selezione delle specie.

Fenomeni naturali come frane, alluvioni, interri naturali, gli stessi lavori agricoli effettuati con la strumentazione tradizionale, ecc., rendono spesso inaccessibili gli strati archeologici, anche se nella valutazione dei dati raccolti nei contesti più ampi essi sono facilmente percepibili e quindi vengono considerati come condizionamenti prevedibili e non rappresentano criticità particolarmente negative.

Negli edifici, nei quali frequentemente vengono occultati nuclei associati di monete, le ristrutturazioni e il rinnovo senza alcun controllo delle strutture edilizie più antiche provoca la dispersione dei materiali, frequentemente occultati nelle murature e nelle coperture. La segnalazione di ritrovamenti appare del tutto casuale, se non nel caso di scavo archeologico corretto o di restauro monumentale effettuato da personale qualificato.

Analoga problematica propongono i complessi associati occultati nei mobili o negli arredi di abitazioni, che sono ben più frequenti di quanto si possa sospettare in base alle rare segnalazioni. Appare ovvio che i complessi associati occultati nelle strutture non più conservate in elevato sono irrimediabilmente perduti.

La conservazione della documentazione da ritrovamento sul territorio a noi tràdita: sue criticità

A tali criticità, elencate solo in parte e che tendono ad aggravarsi nel tempo, se ne aggiungono altre, legate alle modalità di raccolta dei materiali da parte degli operatori ufficialmente preposti al recupero e all’utilizzo professionale e scientifico dei dati.

Il significato e la possibilità di utilizzo per la ricerca del pur copioso materiale raccolto e conservato nel passato è infatti fortemente limitata dai criteri di raccolta adottati nel passato, improntati ad una dimensione esclusivamente collezionistico-antiquaria, che ha privilegiato per la conservazione gli esemplari in metallo pregiato, ignorando spesso gli esemplari in rame/bronzo, apprezzando gli esemplari esteticamente più pregevoli, gli esemplari più rari o per qualche ragione più ricercati. Non solo. Il collezionismo, privato e pubblico, tendeva e tende sempre a completare le serie, conservando un esemplare solo, di particolare bellezza, o due per ogni emissione, per la presentazione in esposizione di un D/ e di un R/ contestualmente[13]. Ciò in logica connessione con lo sforzo naturale per ogni conservatore di Medagliere o collezionista al completamento delle serie, cercando di acquisire i tipi mancanti nella collezione[14], anche se provenienti da un ambito territoriale diverso.

Spostando l’attenzione ai repertori affidabili di ritrovamenti, appare impressionate la sproporzione numerica tra i materiali musealizzati o comunque immobilizzati in collezione e quelli noti da ritrovamenti affidabili sul territorio, che quando "interessanti" sono stati immediatamente acquisiti dal collezionismo (pubblico e privato), permettendo invece la segnalazione (e spesso la conservazione) solo per i materiali meno importanti.

Ne è derivato un assoluto disinteresse per la provenienza, per le circostanze del rinvenimento e per i contesti, con la conseguenza che la grande massa della documentazione raccolta in passato e attualmente disponibile è inservibile per una qualsiasi corretta ricerca storico-economica impostata statisticamente. Nella maggior parte delle collezioni pubbliche e private nell’ordinamento dei materiali è stato omesso il dato relativo alla provenienza, con rare eccezioni[15].

Non desidero soffermarmi sulla sempre maggiore difficoltà che si incontra nella verifica autoptica dei materiali in molte delle grandi collezioni pubbliche italiane (in quelle private, per il ricercatore professionista l’accesso ai materiali è praticamente impossibile, naturalmente con eccezioni, certo per il timore di possibili interventi di sequestro) e di quello recuperato nel corso di scavi ufficiali, spesso in attesa di pubblicazione su tempi molto lunghi.

Anche in età recente la raccolta della documentazione è stata parziale: quella casuale, anche se adatta alla creazione di campioni statistici affidabili, è relativa quasi sempre solo agli strati superficiali del terreno, senza la possibilità di analisi degli strati inferiori. Limitazione questa che è pure della raccolta in Survey, destinata, se correttamente effettuata nei terreni agricoli o incolti, a raccogliere solo i materiali visibili, di norma fatti affiorare dagli agenti naturali, o dall’attività agricola (specie con le arature e gli scassi per piantumazione), o spesso dagli animali.

Il Survey deve svilupparsi infatti evitando qualsiasi intervento di scavo, anche superficiale, per non intaccare la stratificazione archeologica, che è sicuramente presente, anche per la sola presenza della moneta (o di materiali archeologici di qualsiasi tipo).

Solo lo scavo sistematico, meglio se stratigrafico, permette una raccolta omogenea della documentazione numismatica, tale da poter impostare ricerche basate su criteri di rigorosa percentualizzazione.

Non sempre però i nuclei disponibili recuperati in passato derivano da scavi così accurati e professionali da aver assicurato la raccolta di tutte le monete presenti in strato, specie delle più piccole. Limitazione questa che impedisce analisi con percentualizzazione anche per altre classi monumentali antiche: molti di noi ricordano la selezione dei frammenti ceramici ricavati in scavo al termine di ogni giornata, con il "butto" finale.

Ancora oggi in molti cantieri di scavo, inoltre, si rifiuta l’utilizzo di apparecchiature cerca-metalli, indispensabili per l’individuazione preliminare (o nel terreno già scavato, specie se senza setacciatura) di ogni elemento metallico, moneta o altro. L’uso del cerca-metalli, devastante nelle mani degli scavatori clandestini, è indispensabile sullo scavo scientifico. La rinunzia al suo impiego rende improbabile il recupero di tutti gli oggetti metallici di piccole dimensione e rende non affidabile la ricostruzione della distribuzione nello spazio delle relative classi di materiale.

La monetazione argentea longobarda, che è scoperta recente, se non recentissima[16], per le dimensioni ridottissime degli esemplari (anche 0,20-0,15 g), risulta praticamente invisibile in uno scavo tradizionale, e non viene trattenuta dalle maglie del setaccio.

Si devono affrontare criticità anche nel caso della raccolta sistematica di informazioni orali sui ritrovamenti sul territorio, per la registrazione di scoperte comunque avvenute nel passato delle quali può essere rimasta memoria, come sempre si verifica con i ripostigli. Si tratta di operazioni di ricognizione della memoria della comunità che sono sempre da affiancare all’osservazione del terreno e che spesso mi hanno fornito indicazioni risolutive. Nelle situazioni delle quali ho avuto esperienza è stato possibile recuperare notizie anche frammentarie ma molto spesso in qualche modo utilizzabili, con indicazioni spesso di seconda mano e che talvolta si riferiscono ad una toponomastica minore oggi scomparsa o in via di cancellazione (come nelle aree ricoperte dall’edilizia urbana), o riportata in modo errato o confuso.

Quasi sempre le indicazioni giungono da testimoni di un ritrovamento privi di cultura numismatica, che quasi sempre enfatizzano o distorcono gli eventi, pur senza mentire o nascondere qualcosa. Costante è la moltiplicazione, spesso esponenziale, del numero degli esemplari che costituivano un ripostiglio di monete. Talvolta in un racconto apparentemente fantasioso si hanno però frammenti di verità, che vanno individuati e decifrati.

L’elaborazione critica e l’edizione dei dati da ritrovamento sul territorio: sue criticità

Il superamento delle criticità e difficoltà finora elencate, o la coscienza della loro esistenza e importanza, dovrebbe permettere di affrontare su premesse adeguate la vera e propria elaborazione scientifica dei dati, organizzati su griglie topografiche a carattere amministrativo, su carte geografiche e/o su mappe catastali, con margini di affidabilità tali nella definizione del campione da permettere significative elaborazioni statistiche e percentualizzazioni.

Omettendo in questa sede l’esame degli aspetti più avanzati della ricerca, ormai sistematicamente a carattere statistico e preferibilmente estesa all’intero arco cronologico di presenza della moneta nella sequenza stratigrafica di volta in volta presa in esame (dall’antichità al contemporaneo), come verrà più avanti accennato, si deve constatare invece come la preparazione della documentazione da utilizzare sia spesso, anche nelle sedi più qualificate, ancora oggi incompleta o ingestibile.

La presenza solo saltuaria dello specialista numismatico tra gli specialisti delle diverse tipologie di materiali impegnati nell’edizione degli scavi ha come inevitabile conseguenza nelle pubblicazioni scientifiche la proposta di descrizioni incomplete, con l’omissione delle immagini, dei pesi, con individuazione dei tipi errata e spesso incomprensibile. Talvolta si ha solo il cenno del ritrovamento, che spesso viene utilizzato solo episodicamente nella descrizione di uno scavo.

Spesso si dimentica che la moneta è "anche" uno strumento per la datazione delle strutture e degli strati, ma che richiede una trattazione professionale, per i suoi caratteri specifici, che invitano alla massima prudenza nel suo utilizzo[17], per la sua natura polifunzionale e per le complesse modalità della sua circolazione in ogni epoca.

Inoltre, anche nelle pubblicazioni numismatiche più qualificate, continua ad essere fortemente insufficiente la qualità delle immagini, di norma poco nitide e con costantemente una riproduzione a scala 1:1, chiaramente insufficiente per la lettura dei particolari dei conii.

Le moderne tendenze della ricerca, a carattere quantitativo e con la necessità di presentazione integrale dei documenti e di immagini a forte definizione, come per il riconoscimento delle identità di conio, rende insoddisfacenti o inutilizzabili pubblicazioni cartacee con solo selezioni di fotografie, scelta obbligata per ragioni di spazio e di costi, che si aggiunge alla leggibilità sempre scarsa delle immagini.

In particolare l’obbligo della documentazione della totalità degli esemplari recuperati (in qualsiasi contesto e anche se apparentemente illeggibili) rende improponibile la pubblicazione cartacea di complessi associati consistenti o di ritrovamenti da scavo con molti esemplari. Così come di Cataloghi di Musei o di Collezioni.

Si impone, per il futuro, l’utilizzo di immagini digitali, con la presentazione integrale dei complessi, ottenute con un sistematico utilizzo dello scanner, che, nella documentazione di complessi con grandi numeri di esemplari, presenta un’incidenza di errori inferiore a quella registrata con l’uso di apparecchiature fotografiche digitali. La scansione professione produce immagini senza sensibili differenze qualitative e con identica facilità di elaborazione grafica rispetto alle foto scattate con apparecchiatura digitale. E' necessario tendere ad una sistematica distribuzione dell’informazione in rete, sia relativa ai materiali e alle loro immagini, che relativa alla ricerca. Imponendo, per i Beni Culturali di proprietà pubblica (quindi di tutti noi) la gratuità dell’utilizzo dell’immagine destinata alla ricerca, rovesciando scelte sciagurate del passato, incentrate sul principio della monetizzazione del bene culturale e sul pagamento di diritti per l’utilizzo della sua immagine, che hanno fortemente limitato la possibilità dello studio della moneta, per la sua natura di multiplo sempre ormai da considerare in termini di grandi numeri. Lo studio dei nuclei di monete consistenti appare oggi riservato unicamente a coloro che godono di disponibilità economiche consistenti o che sono interni all’amministrazione.

Tale criticità, che si frappone alla volontà soprattutto dei giovani ad affrontare la ricerca scientifica numismatica, mi appare la più grave maturata negli ultimi decenni, di una negatività scandalosa, in quanto pregiudica irrimediabilmente l’adeguamento della ricerca nostrana agli standard esteri.

A mio avviso ciò è ancora più negativo della apparente inarrestabile lievitazione dei costi delle pubblicazioni cartacee, ormai monopolizzate da pochissime case editrici, con prezzi di copertina improponibili per la quasi totalità dei ricercatori numismatici professionali, e con una moltiplicazione dei prodotti tale da rendere improponibile l’aggiornamento delle biblioteche, non solo private ma anche pubbliche, che contestualmente hanno subito anche tagli sempre più drammatici nei finanziamenti destinati agli acquisti. Con anche una caduta della qualità forse collegata alla moltiplicazione abnorme dei titoli, talvolta qualitativamente scadenti, ripetitivi e di scarsa utilità.

L’editoria scientifica sconta così forsanche il sempre più difficile contenimento della minaccia da parte della concorrenza, inevitabilmente destinata a prevalere, dell’editoria in rete, o delle ancor più insidiose forme di organizzazione dell’utenza, basate su meccanismi di scambio dell’informazione in rete e sulla distribuzione di PDF clandestini, che hanno posto già fuori gioco le copie anastatiche dei testi "storici", ormai facilmente quasi tutte reperibili in rete.

La difficoltà a tenersi aggiornati dipende però in massima parte anche da una tendenza inarrestabile alla polverizzazione dell’informazione sul materiale monetario di scavo, che viene sempre più spesso proposto all’interno di contributi complessivi, relativi a complessi analizzati con capitoli separati dedicati a tutte le classi monumentali comunque presenti[18].

La trattazione delle monete di scavo, spesso qualitativamente anche molto qualificata, rappresenta solo un capitolo, talvolta dimensionatemene ridotto, che quasi sempre però non riesce ad inserirsi nei canali dell’informazione numismatica non locale, per la collocazione in sede non "specialistica". Cioè non "entra in bibliografia".

Inoltre la rete dei ritrovamenti pubblicati diviene sempre più difficile da ricomporre anche per la proliferazione di pubblicazioni locali, spesso curate e utili, ma con scarsa o nulla distribuzione. Frequenti sono infatti le pubblicazioni edite a spese degli enti locali che, distribuite quasi sempre gratuitamente, privilegiando la propria comunità (come è ovviamente corretto), non accedono al mercato librario ufficiale, che unico assicura una adeguata segnalazione e distribuzione dei prodotti anche a distanza di tempo dalla stampa.

Tali, in un panorama solo indicativo, sono - a mio avviso - le criticità che il ricercatore, specie se giovane, si trova a dover affrontare e possibilmente risolvere. Criticità molto diverse da quelle che la mia generazione ha affrontato nel secolo scorso. Criticità esasperate dalla crisi occupazionale nella quale si dibatte il nostro paese[19].

Come si è detto all’inizio, in riferimento al tema di questo incontro, il principio della proposta della documentazione con lo strumento dei Repertori è ormai unanimemente riconosciuto come fondamentale per la moderna ricerca. Esso dovrebbe essere previsto per ogni fase della monetazione e per ogni area di circolazione.

La natura sperimentale della ricerca archeologica, con una continua implementazione di notizie, anche numismatiche, rende però inefficace nel tempo, come si è detto, il prodotto editoriale cartaceo, che immobilizza il complesso delle informazioni al momento della stampa, senza possibilità di incremento o di correzioni.

Ciò si è verificato anche per il Repertorio dei ritrovamenti di moneta altomedievale curato da chi scrive, che ha dovuto riconoscere come il prodotto risultava già superato nel giorno stesso della sua edizione, per sua natura statica perché cartacea, travolto dall’afflusso continuo di nuove possibili segnalazioni di ritrovamenti.

Nell’impossibilità di produrre una ristampa aggiornata del Repertorio, che avrebbe sofferto del medesimo inconveniente, ci si è quindi trovati nella necessità di redigere e di distribuire i necessari "Aggiornamenti", in continua implementazione, in rete, nel sito www.ermannoarslan.eu.

In termini generali, si rende quindi necessario prevedere per i futuri repertori sempre una impostazione dinamica, seguendo l’esempio inglese, appunto con la previsione di una implementazione continua e con una distribuzione quale possibile oggi unicamente in rete[20].

Con la speranza che si definisca così anche una nuova e più agile dimensione tecnica della ricerca della documentazione e del sistema di citazione del lavoro altrui. Il principio della sistematica redazione di "Repertori" in rete si scontra infatti anche con altre criticità, che impediscono o ritardano soprattutto la raccolta delle informazioni da distribuire. Manca infatti quasi sempre nel mondo della critica la percezione che gli aspetti preliminari della ricerca vanno affrontati dalla comunità dei ricercatori, accantonando soprattutto la secretazione dell’inedito. Non sempre si condivide il principio che l’informazione è di tutti e che solo il pensiero critico è del singolo ricercatore. Si ha quindi la tendenza frequente ad evitare la presentazione nei "Repertori" della notizia di base di nuovi materiali, degli "inediti", dei quali si è a conoscenza[21] e a rimandarne la segnalazione al momento della pubblicazione, che talvolta ritarda lungamente o viene al termine omessa.

Pur con tutte queste criticità e condizionamenti, il Repertorio sembra abbia portato qualche stimolo positivo nella ricerca numismatica relativa alla moneta altomedievale.

In termini generali mi sembra abbia influito nella tendenza ad una visione sinottica dei ritrovamenti sull’intero territorio della penisola, con una più completa percezione dell’esistenza in Italia di diverse aree monetarie definite nel tempo. Importante appare il riconoscimento ormai generale di una realtà con una complessa articolazione di rapporti con il resto dell’Italia. Sta inoltre definendosi nei contributi più recenti, che hanno potuto avvalersi della segnalazione di una rete di ritrovamenti ormai abbastanza significativa, la struttura variabile nel tempo della circolazione della moneta longobarda.

La consultazione del Repertorio, strumento pur sempre incompleto, preliminare e implementabile all’infinito, sembra essere diventata una premessa per molte ricerche sulla moneta altomedievale in Italia.

Al quadro delle criticità rilevate nell’intervento iniziale vanno aggiunte però alcune considerazioni relative ad aspetti della ricerca numismatica attuale in Italia, che si mostra talvolta irrigidita in un formalismo esasperato a carattere descrittivo, apparentemente nell’istintiva fiducia che la perfezione della scheda con la lettura dell’oggetto (spesso inutile per la ormai obbligatoria presenza della documentazione fotografica) e la completezza della verifica autoptica della bibliografia, possano esimere dal dovere di un verifica delle premesse critiche e logiche che avevano rappresentato, spesso molto lontano nel tempo, la base per le scelte classificatorie adottate.

Così vengono utilizzati acriticamente per le schedature molti testi del passato, lontano o recente, che se hanno avuto una straordinaria funzione di fondamento e di stimolo della ricerca al tempo della loro pubblicazione, sono stati spesso superati dallo sviluppo di ricerche su percorsi che essi stessi avevano volutamente aperto.

Così si configura la possibilità che impostazioni e proposte superate siano diventate premessa storico-catalogica per generazioni di studiosi. Il caso più evidente, che ha coinvolto chi scrive lungo il percorso di tutta la sua carriera di ricercatore sulla moneta altomedioevale, è quello delle pagine del Wroth che, nel 1911, accettando l’imprudente accorpamento di tutti i piccoli bronzi presenti nel British Museum operato dal Baron de Salis nel 1860 sotto l’etichetta Small bronze coins of the Vandal kings and the Mauri? [22], inquinò negativamente per quasi tutto il XX secolo la ricerca sull’emissione e la circolazione delle emissioni enee minori tardo romane e altomedievali. Nel confuso contesto di monete raccolte nella lunga sequenza di schede del catalogo del British Museum del 1911, supportate anche da insufficiente documentazione fotografica, erano attribuite ai Vandali non solo emissioni sicuramente a loro attribuibili, ma anche prodotti provenienti da tutta l’area mediterranea, che tutti - compreso chi scrive - abbiamo continuato a schedare come "probabilmente vandalici". Solo da non molti anni si è iniziato a ricostruire gli aspetti locali, lontano dall’Africa, delle emissioni e della circolazione della moneta divisionale più piccola, non senza che si creassero equivoci, discussioni e polemiche[23].

Le pagine del Wroth hanno anche ritardato l’analisi accurata dei fenomeni di produzione di moneta contraffatta o imitata e della modalità, specifiche, della sua circolazione, ben distinta da quella della moneta sicuramente dei Vandali e delle altre autorità emittenti moneta ufficiale. I Vandali ebbero naturalmente anche loro la propria moneta contraffatta, che però non va confusa con i prodotti dell’Italia o di altri luoghi.

Analogo rischio sta definendosi per le scelte di Philip Grierson, che nel 1986, nel MEC[24], proponeva, sulla base dell’analisi stilistica delle pseudo leggende, una produzione di tremissi che definiva The pseudo-imperial coinage of the Tuscany. L’intuizione, giustissima, che scardinava un errato sistema di attribuzioni consolidato da tempo, non era supportata da una sufficiente documentazione di ritrovamenti affidabili. Mancavano infatti del tutto segnalazioni con provenienze sicure.

Si trovarono così riuniti nel medesimo contenitore prodotti tutti tipologicamente affini, tutti longobardi, ma che poi è stato possibile iniziare a distribuire nelle diverse aree di produzione.

Lo stesso studioso inglese ebbe a riconoscere, discutendone con chi scrive, la probabile pertinenza dei tremissi pseudo imperiali anonimi a diametro più ridotto all’area beneventana[25]. Ciò invece non è avvento nel mondo della ricerca, nel quale si è manifestata e si manifesta una tenace resistenza ad accettare per i tremissi c. d. "della Tuscia" possibilità di attribuzione diverse.

In altri termini, a conclusione della splendida stagione di studi che ha portato alla creazione di straordinari strumenti per la classificazione della moneta antica, aprendo nel contempo eccezionali e inaspettate possibilità di approfondimento e di analisi ulteriore, molti ricercatori oggi si attestano invece nella difesa ad oltranza delle griglie catalogiche proposte dai grandi del passato, senza accettare alcuna modifica e discussione.

Ma il rinnovamento della ricerca viene rallentato anche da una talvolta inspiegabile resistenza all’utilizzo di strumentazioni informatiche. E’ frequente la sensazione, nei contatti con i colleghi, che un tenace legame, che definirei "sentimentale", con il supporto classico dell’informazione scientifica, la "carta stampata", si traduca in un ritardo molto sensibile nell’accettazione di strumenti che semplificano macroscopicamente i meccanismi della ricerca e che permettono operazioni un tempo impensabili, specie nel trattamento dei "grandi numeri". Che rappresentano il nostro futuro.

Il progressivo spostamento degli interessi di una ricerca che sempre di più si definisce come storica, e più precisamente storico-economica, si traduce infatti in percorsi di ricerca a carattere quantitativo, con la necessità dell’applicazione sistematica, sia pure in termini elementari, di criteri di analisi statistica.

Un esame della nostra produzione scientifica più recente rivela - sempre a mio avviso - come la nostra formazione filologico-umanistica opponga ancora forti resistenze all’accettazione di alcune elementari premesse appunto a carattere statistico.

In particolare vi sono frequenti difficoltà ad accettare il principio della validità della necessaria "approssimazione" in qualsiasi calcolo statistico e dell’esigenza di gestire - affrontando l’analisi di documentazione monetaria con grandi numeri - un campione statistico della "popolazione" esaminata che sia affidabile e non truffaldino. Ma che quando è tale, e superi precise soglie di affidabilità, dia risultati da considerarsi definitivi. Tali da giustificare anche una interruzione della ricerca, quando la sua prosecuzione si rivela non economica o impossibile.

Necessità che confligge con il principio dell’utopistica universale completezza che viene richiesta alla ricerca filologica, in nome della quale l’ipotesi dell’elaborazione statistica non viene accettata.

Un approccio di tipo statistico alla moneta rappresenta certo una rivoluzione "copernicana" che alcuni di noi hanno accettato, ma che molti ancora non riconoscono necessaria o che fraintendono, come nella sostanziale incomprensione delle leggi economiche che si traspare in alcuni contributi anche di esponenti autorevoli della ricerca (non solo italiana).

Note

[1] Arslan 1994, pp. 497-519.
[2] Arslan 2002a, pp. 59-122, distribuito in PDF dall’aprile 2002 in rete come Saggio di repertorio dei ritrovamenti di moneta vandala, ostrogota, bizantina, longobarda in Italia peninsulare e insulare, con Corsica, Canton Ticino, Istria croata. Il 25.4.2004 diveniva Saggio di repertorio dei ritrovamenti di moneta altomedievale (489-1002), Vandala, Bizantina e Islamica in Italia Peninsulare e Insulare, con Corsica, Canton Ticino, Istria Croata, sempre distribuito in rete, venendo infine pubblicato in Arslan2005, con aggiornamenti scaricabili dal sito www.ermannoarslan.eu.
[3] Una prima esperienza di utilizzo di questi dati si ha in Arslan c.s.
[4] Appare quasi superfluo ricordare come il concetto di Corpus sia molto diverso, in quanto proposta dell’integrale pubblicazione della documentazione nota di una precisa classe monetaria. Pure diversa è la concezione delle Syllogi, nate come cataloghi di nuclei collezionistici, destinate alla copertura progressiva dell’intero patrimonio noto nel mondo di una precisa classe monetaria (ad esempio, la moneta greca), e che non si estendono ai ritrovamenti sul territorio. Ciò fin dalla formulazione iniziale dell’iniziativa, che non aveva interesse per gli aspetti economici della moneta, per la sua distribuzione nello spazio e per i suoi aspetti quantitativi. Caratteri specifici ha la tradizione di pubblicazione dei ripostigli.
[5] Lafaurie - Pilet-Lemière 2003.
[6] Tra le monete gettate dai pellegrini sulla tomba di San Pietro a Roma si aveva una sola moneta in oro, un tremisse di Carlo Magno / Lucca (Serafini 1951, pp. 225-244). Il significato di questa presenza viene analizzato in Arslan 2008, pp. 377-406.
[7] E’ stato tentato un repertorio dei ritrovamenti di moneta di età romana in occidente, sia per i complessi associati che per i ritrovamenti isolati, in L’Or monnayé, Trouvailles de monnaies d’or dans l’Occident Romain, Cl. Brenot- X. Loriot curr., Table Ronde Paris 4-5.12.1987, Cahiers Ernest-Babelon 4, Paris 1992. La possibilità dell’occultamento della moneta in oro singola non viene focalizzata con precisione nei contributi presenti negli Atti.
[8] Fanno eccezione le emissioni finali speculative di antoniniani precedenti alla riforma di Aureliano, che si collocavano in circolazione come nominale inferiore e che avevano in lega percentuali minime di argento, pur se emesse formalmente come monete in argento.
[9] La classe sociale inferiore, percentualmente la più numerosa in ogni tempo, gestiva quasi esclusivamente una massa circolante costituita da nominali minori, con alta velocità di circolazione e con forti probabilità di smarrimento.
[10] Il tema venne analizzato, segnalando come la scarsa attenzione per il fenomeno registrato in Britannia abbia portato a un’interpretazione fortemente riduttiva del significato della circolazione dell’argento in età tardo-romana, in Arslan - Morrisson 2002, pp. 1255-1305 (in particolare, pp. 1284-1287).
[11] Cfr. la sintesi di tale problematica in Taliercio Mensitieri 2002, pp. 79-102.
[12] Mi sembra anche improbabile una "tosatura" di nominali in metallo vile, con il recupero di quantitativi infinitesimali e del tutto trascurabili di metallo per ogni esemplare così trattato. Cfr. contra Asolati 2006, p. 116 (per il V secolo).
[13] Una visualizzazione di tale criticità si ha in Arslan 1987, pp. 389-391, con la presentazione tabellare dei dati numerici delle monete di zecca beneventana presenti nelle collezioni museali, in parallelo con quelle individuate sul mercato. Ad eccezione di complessi associati integralmente o in parte acquisiti alle collezioni pubbliche, di norma la moneta comune sul mercato è rappresentata debolmente nella collezione pubblica (e presumibilmente in quella privata). Ci sfugge così una possibilità di percentualizzazione in base ai dati ricavati dalle sole collezioni pubbliche, come invece finora è stato sempre tentato (come per gli indici di rarità) anche nei sussidi più qualificati per la schedatura scientifica, come i volumi del Roman Imperial Coinage.
[14] La pratica collezionistica da secoli consolidata organizza le sequenze su base tipologica, con un possibile sviluppo per varianti (di norma considerate iconograficamente e non iconologicamente). Forme di organizzazione delle sequenze più sofisticate, come quelle per conii, vengono ignorate.
[15] Dal 1896 Vittorio Emanuele iniziò a registrare sui cartellini allegati alle monete della sua Collezione le provenienze: Arslan 2010, p. 129.
[16] Per un consuntivo preliminare Arslan 2011, passim.
[17] Viene spesso ignorato come le date di emissione di una classe monetaria siano sempre diverse dai tempi di circolazione, che sono una variabile dipendente dalle leggi che presiedono alla circolazione. Si hanno classi che escono dalla circolazione dopo pochissimo tempo ed altre, anche emesse contestualmente, che hanno una resistenza in circolazione per secoli.
[18] Appunto per permettere la conoscenza delle pubblicazioni e segnalazioni (anche molto sommarie) di ritrovamenti o recuperi di moneta medievale inserite in contesti generalisti, curo da qualche anno una rubrica bibliografica specifica sulla Rivista Temporis Signa del Centro Studi sull’alto medioevo di Spoleto (CISAM), edita annualmente dal 2006.
[19] Alcuni dei contributi di E.A. Arslan citati in queste pagine sono distribuiti in PDF nel sito www.ermannoarslan.eu.
[20] La pubblicazione di prodotti digitali in CD o in DVD presenta i medesimi inconvenienti delle pubblicazioni cartacee, per l’impossibilità di implementazione e di correzione del prodotto.
[21] Chi scrive ha sempre segnalato preliminarmente nel Repertorio gli inediti che aveva acquisito, anche con i propri scavi, ed ha sempre inserito nella schedatura solo gli inediti segnalati da altri con esplicita autorizzazione alla segnalazione nel Repertorio.
[22] Wroth 1911, pp. 17-42 e tavv. III-IV.
[23] Cfr. le polemiche scaturite dalle proposte di chi scrive circa la possibilità di emissioni enee in età longobarda, nella seconda metà del VI secolo: cfr. Arslan 2002 b, pp. 293-298.
[24] Ph. Grierson - Blackburn 1986, p. 63, nn. I.307-317.
[25] Cfr. Arslan 1999, pp. 237-253; Arslan 2004, pp. 87-131 e pp. 387-391.