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Il Corpus Nummorum Italicorum , un'opera in venti volumi: aspetti editoriali

di Lucia Travaini

Vista la diffusione ed estrema utilità ancora oggi del Corpus Nummorum Italicorum , tutti i presenti, come me, hanno esperienza della mole di questi venti volumi. Ed è per questo che ho pensato di parlare del Corpus come libro, e quindi della sua produzione ed edizione, lasciando stare gli aspetti numismatici più studiati [1] .

Il primo volume fu stampato a Roma nel 1910, e il XX volume fu stampato a Roma nel 1943, ma date le tragiche vicende del periodo si conoscono pochi originali.

Ho già accennato brevemente agli aspetti editoriali del Corpus nel mio libro del 1991 - di cui cito qui la seconda edizione del 2005 - e a quanto scrissi allora ho cercato di aggiungere nuovi dati e la ricerca è comunque in corso sulle tipografie.

Prima di parlare della stampa del Corpus è forse utile ricordare come nacque l’idea del Corpus : infatti, il cammino che ha portato oggi nelle nostre mani i venti volumi pubblicati tra il 1910 e il 1943 fu lungo e laborioso, ed iniziò molto tempo prima del 1910: iniziò effettivamente con la scelta di raccogliere solo monete italiane medievali e moderne. Quando avvenne la decisione di abbandonare le monete antiche? Si dice spesso la data del 1889 ma già nel componimento Il mio medagliere del 9 aprile 1883, scritto per il maestro Luigi Morandi, Vittorio Emanuele, nato nel 1869, aveva precisato le basi storiche della sua raccolta con riferimenti soltanto alla storia dell’Italia preunitaria. A circa 14 anni, quindi, aveva già probabilmente chiare le sue preferenze di collezionista e storico – pur dovendo studiare anche greco e latino e storia antica - con un ottimo maestro come Egidio Osio (al quale andarono nel tempo tutte o quasi le monete antiche che Vittorio Emanuele eliminava dalla sua raccolta) [2] . Tra il 1888 e il 1891 il principe aveva delineato sul frontespizio del suo manuale di numismatica (Bazzi e Santoni del 1886) [3] un progetto di ordinamento della collezione di monete italiane, ed è probabile che alcune idee gli fossero venute da un manoscritto inedito di Domenico Promis giunto a lui, intitolato Corpus Nummorum Italiae . Più tardi alcune lettere a Osio nel 1892 parlano di un Corpus che doveva essere curato da ‘una società’ (era la Società Numismatica Italiana).
Sulla scelta storica di Vittorio Emanuele vi è poi una importante lettera del 1895, il cui testo era già stato riportato da Furio Lenzi, ma di cui non si conosceva il testo integrale: questa lettera è ora stata pubblicata per la prima volta da Gian Angelo Sozzi negli atti della giornata di studio organizzata a Milano nel maggio 2009 [4] , lettera poi ripubblicata anche su Cronaca Numismatica da Roberto Ganganelli [5] . In questa lettera del 1895 Vittorio Emanuele scriveva: " da qualche anno non ricerco che monete medioevali e moderne di zecca italiana "; da qualche anno.
Infine, nel 1897, Vittorio Emanuele annunciò ufficialmente che egli stesso avrebbe realizzato il Corpus delle monete italiane. Appena il progetto del Corpus fu annunciato pubblicamente dal re nel 1897 diversi editori si proposero alla Casa Reale sperando di poter pubblicare l’opera.
Il 5 gennaio 1902 l’editore Cogliati di Milano, che stampava la Rivista Italiana di Numismatica , scrisse al re questa lettera, conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma.

A Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III.
Con molta trepidanza, ma dopo tutto anche con molta fiducia, mi rivolgo direttamente a V. Maestà per un immenso favore. Quello di farmi dire se verrà proprio affidata alla mia Casa la stampa del Corpus Nummorum Italicorum, come mi scrisse anni sono da Napoli il compianto prof. cav. Costantino Luppi e come ripetutamente mi lasciarono sperare i sig. Comm. Francesco Gnecchi e cav. uff. Ercole Gnecchi della Società di Numismatica Italiana, dopo aver parlato con V.M.
Io non ho nessun titolo per ottenere quest’onore altissimo, altro che quello di pubblicare – da che è sorta – la Rivista di Numismatica Italiana (SIC), ma assicuro V.M. che tutta la mia vita di lavoro molte volte angustiata, non potrebbe ricevere premio maggiore.
Non mando promesse sulla perfetta esecuzione del lavoro: ma cosa non farei per il mio Re?
Con animo ossequente e grato mi protesto, ora e sempre, di V. Maestà
Umilis. Suddito
L. F. Cogliati
L. Cogliati

La risposta, che deludeva le speranze di casa Cogliati, fu preparata il 14 gennaio 1903 dal ministro della Real Casa:

Al Preg.mo Signor Cogliati.
Il Corpus Nummorum Italicorum, che è bensì nell’intenzione di S. M. di pubblicare, contrariamente alle infondate notizie sparse dai giornali, è assai lontano dall’essere opera completa e quindi pronta per la stampa. Per ora si stanno appena raccogliendo i materiali necessari, e nemmeno può prevedersi quando la raccolta sarà finita, specialmente tenuto conto del poco tempo che Sua Maestà può dedicarvi.
Per tale stato di cose è affatto prematuro pensare sin da ora al modo [6] con cui sarà disposta la pubblicazione dell’opera od a quale Casa editrice essa potrà venire affidata; ed in conseguenza di tale considerazione non mi è possibile dare a V.S. risposta diversa da quella data ad altri che mi rivolgevano simile domanda, dichiarandole peraltro che il nome di codesta Ditta editrice, del resto ben noto, sarà tenuto presente per quando dovrà prendersi una risoluzione al riguardo.

Con considerazione
Il Ministro

Analoghe risposte ricevettero la ditta Modiano di Milano, che scrisse nel 1902 inviando prove di foto di monete, la ditta Anastasi e Zagnoli di Roma, nel 1908, e la ditta Pecorelli di Milano, nel 1909.
Recentemente Maila Chiaravalle e Isabella Nobile De Agostini hanno pubblicato alcune tavole fotografiche conservate al Museo Paolo Giovio di Como, appartenenti alla biblioteca di Angelo Scalabrini (fratello del vescovo Giovanni Battista che diede vita alle missioni per gli emigrati): si tratta di prove che dovevano accompagnare una proposta della tipografia Ciardelli di Firenze, e che volevano dimostrare la capacità di riprodurre illustrazioni di monete di buona qualità [7] . Le tavole del Corpus sono state tutte realizzate dalla ditta Danesi di Roma, come dirò anche oltre, e la risposta negativa dovette arrivare anche a Ciardelli, come per Cogliati; il lavoro non era pronto ( assai lontano dall’essere opera completa e quindi pronta per la stampa ).
Qui si può aggiungere un dettaglio: una volta annunciato che la stampa del Corpus sarebbe avvenuta a Roma, le copie di prove proposte al re da altri editori tipografi divennero esse stesse oggetto di collezionismo. Le tavole conservate a Como, secondo Maila Chiaravalle, furono rilegate in una copertina databile in un periodo tra il 1910, pubblicazione del I volume del Corpus, ed entro il 1922, data della morte del collezionista, quando la sua biblioteca confluì nel Museo di Como.
Quando infine il primo volume fu pronto per la stampa si preferì una tipografia romana, e così fu per tutti i venti volumi: questo doveva certamente rendere più agevole seguire la produzione e la correzione delle bozze che si presentavano molto complesse.
La tipografia prescelta per il primo volume fu la tipografia della Regia Accademia dei Lincei a Roma, di proprietà del cav. Salviucci, e questa stampò i primi nove volumi, dei quali il IX nel 1925.
Le tavole con le illustrazioni delle monete sono opera, come ho detto, della ditta Danesi di Roma [8] , e sono di grande qualità. La Ditta Danesi era all’epoca una ditta fortemente tecnologica, dotata di macchinari molto importanti e di committenti di grande rilievo (a partire dalla Casa Reale e dal Vaticano). Nel 1896 lo Stabilimento Danesi produsse il Manoscritto Messicano Vaticano 3773 (detto Codex Ríos, manoscritto Borgia), riprodotto in fotocromografia a spese di S. E. il duca di Loubat, a cura della Biblioteca Vaticana.
Una volta stampati i volumi, il re ne donava tramite la sua segreteria alcune copie ad autorità, biblioteche e numismatici che avevano collaborato all’opera. Le copie per i doni più importanti erano rilegate in pelle (così quelle della Società Numismatica Italiana); altre in tela; tutte le altre in brossura e così erano quelle destinate alla vendita.
Prima di parlare della vendita dei volumi del Corpus , vorrei accennare alla produzione degli altri volumi.

Tornando alle tipografie romane, dopo quella della Regia Accademia dei Lincei a Roma, di proprietà del cav. Salviucci, nel 1925 subentrò la tipografia ditta Ludovico Cecchini che stampò i volumi dal X al XVII (dal 1927 al 1938). I successivi volumi XVIII, XIX e XX, del 1939, 1940 e 1943, furono stampati dallo stabilimento tipografico ditta Carlo Colombo.
Il XX volume, dedicato alle monete di Napoli da Filippo II di Asburgo alla chiusura della zecca, fu terminato nel 1943 ma solo pochissime copie ne furono stampate a causa della guerra e difficilmente raggiunsero l’Italia settentrionale (la Società Numismatica Italiana non possiede l’originale di questo volume ma solo la sua ristampa edita da Arnaldo Forni editore di Sala Bolognese, Bologna) [9] .
Il Diario del re registrò gli ultimi atti della collezione nella sua collocazione originaria al Quirinale, atti che riguardano certo anche la stampa del XX volume e forse anche del XXI di cui non sappiamo nulla. Il 5 dicembre 1942 scrisse: “ Inizio mobilitazione mia Raccolta Numismatica per ricoverarla dagli aerei ”. E poi il 25 gennaio 1943: “ Termino il lavoro iniziato il 7 dicembre 1942 per imballare le mie monete e portarle nella Polveriera del Forte di Monte Antenne (Bombti aerei!!!) ”.
Anche il Forte di Monte Antenne, comunque, non sembrava abbastanza sicuro, e le casse furono allora spedite al castello reale di Pollenzo, in Piemonte, dove si trovavano nel fatidico 8 settembre 1943. Dato che il XX volume fu pubblicato nel 1943 evidentemente sarà stato consegnato alle stampe nel 1942, quindi prima dell’imballaggio della collezione.
Secondo Vico D’Incerti, inoltre, " era stata portata molto avanti anche la stesura del volume ventunesimo, riguardante le zecche della Sicilia e di Malta (Oddo mi mostrò un’imponente mole di fogli manoscritti radunati in una cartella); ma la guerra e il successivo esilio del Re non permisero che il lavoro fosse ultimato " [10] .
Ho avuto la fortuna di poter intervistare, nell’estate 2010, Carlo Maria Colombo, ora Presidente di Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo SpA, attuale stamperia della Camera dei Deputati, il quale mi ha riferito quanto segue:

All'epoca - stiamo parlando degli anni precedenti al 1943 ed il sottoscritto ancora quattordicenne non era nello staff aziendale - la nostra tipografia ha stampato per conto della Casa Reale la pregevole opera curata personalmente dal Re Vittorio Emanuele III. Mi sembra di ricordare che del ventesimo volume furono stampati e consegnati solamente alcuni esemplari, dovendo l'Autore apportare ancora un’ultima revisione.
I fatti dell' 8 settembre sono noti a tutti per essere qui rievocati.
Terminata la guerra, per un certo tempo da parte di un importante Funzionario della Casa Reale, mi sembra che potesse essere il ministro della Real Casa Falcone Lucifero, più volte fummo contattati per vedere se ci fosse stata la possibilità di completare la stampa dell'opera, ma ogni volta nonostante la nostra deferente e accettata disponibilità non furono mai trovati per tale incombenza da parte del Cliente né il tempo, né la persona competente, né i fondi necessari e forse neanche la voglia.
Ricordo ancora come nei sotterranei dei nostri locali di allora in Via Campo Marzio 74 (UFFICI SITI DI FRONTE A GIOLITTI GELATERIA; POI SI TROVÒ UNA SEDE IN VICOLO DELLA GUARDIOLA PER I RAPPORTI CON MONTECITORIO, MA LO STABILIMENTO PIÙ GRANDE È ORA IN VIA MALATESTA) fossero accuratamente conservate le centinaia di pagine di composizione (piombi e cliches) dell'ultimo volume, pronte per essere stampate non appena ci fosse stato dato quel "via" che però non giunse mai .
Al successivo trasferimento della nostra Azienda presso altri locali, gli spaghi che tenevano serrati i piombi (come si usava allora) non hanno retto il tempo trascorso e gran parte delle pagine sono andate, come si usa dire, in "baracca”. A questo punto i dirigenti di allora hanno preso l'eroica decisione di smantellare tutte le composizioni e recuperare il materiale.

Se i venti volumi del Corpus furono stampati tutti a Roma da tre diverse tipografie, l’unico agente delle vendite in tutto il mondo fu il libraio editore Ulrico Hoepli di Milano, che era del resto Editore Libraio della Real Casa [11] . Hoepli confezionava le copie per la vendita in vario modo: incollava prima del frontespizio una sua copertina (che alcuni chiamano copertina esterna ed altri antiporta) ed inoltre poneva la sua etichetta sul frontespizio, a volte coprendo le indicazioni della tipografia romana, tanto che in certi casi Milano viene indicata come luogo di stampa invece che Roma (così ad esempio si legge nel necrologio di V E III sull’ Annuario Numismatico di Oscar Rinaldi nel 1948).
L’etichetta Hoepli aveva la seguente dicitura in rosso:

Si vende a totale beneficio dell’Istituto Nazionale per gli Orfani degli Impiegati Civili //
dello Stato e della Società Numismatica Italiana. I predetti Istituti hanno affidata l’esclusività //
della vendita per tutti i paesi a

ULRICO HOEPLI
EDITORE LIBRAIO DELLA REAL CASA
MILANO

I dati editoriali di Hoepli sono effettivamente origine di molta confusione, anche perché più tardi la copertina esterna ebbe il logo personale di Hoepli e l’etichetta coprì sistematicamente i dati delle tipografie romane ( fig. 1).

Figura 1 - Particolare del frontespizio del volume VI del Corpus, proprietà Ditta Rinaldi Numismatica, Verona

Figura 1 - Particolare del frontespizio del volume VI del Corpus, proprietà Ditta Rinaldi Numismatica, Verona

A proposito di vendite va detto che il primo volume fu posto in vendita a 60 Lire, un prezzo importante per l’epoca. Per esempio, alla Biblioteca Estense di Modena il numero d'ingresso del primo volume, grazie alla ricerca effettuata dalle addette al settore acquisti, permette di sapere che quel libro fu pagato Lire 60, nel 1911 [12] .
Il ricavato destinato alla Società Numismatica Italiana tra il 1911 e il 1915 è stato riportato da Gian Angelo Sozzi negli atti del convengo milanese già citato [13] :

Mancano dati per i periodi successivi. Nel 1912 il ricavato per la Società è doppio rispetto all’anno precedente; pur tenendo conto che copie del primo volume saranno state vendute anche nel 1912, credo si possa dire che del secondo volume furono vendute molte più copie che del primo volume: perché? La risposta è forse nel fatto che il primo volume, sulle monete di Casa Savoia, era organizzato cronologicamente e storicamente e non per zecca, mentre il secondo volume e tutti i successivi erano organizzati per zecche, come i collezionisti preferivano, e questo fu forse un motivo del successo, ma su questi aspetti la mia ricerca è ancora in corso.

Note

[1] Per molti riferimenti ed una biografia numismatica del re si veda Travaini 2005. Sono molto grata ad Alfio e Marco Rinaldi per l'immagine alla figura 1.
[2] Per questa ed altre notizie si veda Travaini 2005, pp. 77, 120.
[3] Bazzi - Santoni 1886.
[4] Sozzi 2010, pp. 11-26.
[5] Ganganelli 2010, pp. 34-38; Travaini 2010, p. 35.
[6] Per queste lettere cfr. Travaini 2005, pp. 169-170.
[7] Chiaravalle - Nobile De Agostini , pp. 137-148.
[8] Cfr. anche Travaini 2005, p. 181.
[9] http://www.fornieditore.com/Company.aspx . Forni produsse la ristampa anastatica di tutti i volumi del Corpus nel 1972.
[10] D'Incerti 1971, p. 252.
[11] Travaini 2005, p. 187.
[12] Sono molto grata a Federica Missere Fontana per questa informazione.
[13] Sozzi 2010, p. 18.